Crash test addio: per testare l’affidabilità delle scatole nere la soluzione è la simulazione di un Robot Omron Delta ad altissima velocità
Generali Jeniot, la società interamente posseduta da Generali Italia dedicata allo sviluppo di servizi innovativi nell’ambito dell’Internet of Things e della Connected Insurance, ha sviluppato un’applicazione non distruttiva che sfrutta i movimenti ad altissima velocità di un robot Delta Quattro di Omron per testare i parametri chiave delle black-box da installare a bordo delle auto degli assicurati.
Il futuro della mobilità passa (anche) dalle black-box, le scatole nere installate a bordo auto che già da qualche anno registrano e trasmettono la localizzazione, le accelerazioni, le decelerazioni e molti altri dati sensibili relativi alle percorrenze stradali. Le scatole nere piacciono alle compagnie assicurative perché permettono di chiarire le dinamiche relative a furti e incidenti, riducendo le frodi e incentivando i comportamenti virtuosi alla guida, ma piacciono anche agli assicurati, che proprio grazie a questi strumenti possono beneficiare di importanti sconti sulle polizze.
Nere, quindi, ma anche piccole, connesse, facili da installare e soprattutto attendibili. Il primo requisito di ogni buona black box risiede proprio nella sua capacità intrinseca di offrire una rappresentazione quanto più fedele possibile della dinamica degli urti e, più in generale, dei comportamenti dei guidatori. È il motivo che ha portato produttori e compagnie assicurative a condurre veri e propri crash test, simili a quelli effettuati per la sicurezza dei passeggeri, ma finalizzati a perfezionare la stima del danno materiale e dunque del danno assicurativo registrato dalle black box.
Per trovare un’alternativa non distruttiva, ma anche più efficiente ed economica, al problema dell’affidabilità, Generali Jeniot - la società interamente posseduta da Generali Italia dedicata allo sviluppo di servizi innovativi nell’ambito dell’Internet of Things e della Connected Insurance - ha brevettato, insieme alla società di prodotti telematici Viasat, e successivamente sviluppato, un nuovo metodo di collaudo. Si tratta di una soluzione basata sull’utilizzo di un robot Delta Quattro Adept di Omron, programmato per sottoporre le scatole nere alle stesse accelerazioni e decelerazioni che verrebbero registrate su un’autovettura durante un crash test o altre situazioni simulate di circolazione stradale. L’applicazione, sviluppata in collaborazione con l’Università di Padova e presentata sia alla Conferenza internazionale dei Centri di Ricerca che appartengono alle compagnie assicurative sia alla fiera dell’automazione SPS di Parma, è impiegata con successo sia per il collaudo delle scatole nere degli assicurati del Gruppo Generali, sia per quelle prodotte e distribuite da terze parti.
L’incidente simulato dal robot
JADA, questo il nome della soluzione sviluppata da Generali Jeniot in collaborazione con Omron e R4P per ciò che riguarda la parte di ingegnerizzazione e architettura lato software, prevede l’utilizzo di un robot Delta Quattro Omron Adept in grado di replicare - a livello di velocità, accelerazioni e decelerazioni sui tre assi - il movimento di una scatola nera installata su un’auto. “Per semplificare”, spiega Valerio Matarrese, Responsabile Ricerca Progettazione e Sperimentazione Auto Generali Jeniot, “si potrebbe dire che la valutazione viene condotta da un robot che muove la black-box come se fosse a bordo di un veicolo che subisce un urto. Non è una simulazione computerizzata ma qualcosa di reale, un modo alternativo per replicare le accelerazioni di impatto di un’auto coinvolta in un incidente stradale”.
Va detto che JADA è stato progettato non solo per replicare gli incidenti ma anche per automatizzare tutta la parte di valutazione del test, partendo da una curva accelerometrica pregressa che viene data in pasto al robot. Il segnale di accelerazione risultante dalla movimentazione viene registrato e confrontato con quello di un accelerometro di riferimento di grande precisione. Qui avviene la comparazione automatica per rilevare le eventuali differenze nel picco accelerometrico e le variazioni di velocità sui singoli assi e sulla risultante. Il dato finale è un report che riporta sia i grafici che i dati accelerometrici e di velocità, con gli scarti rispetto al sensore di riferimento.
Dal passato al futuro
A differenza dei crash test tradizionali, nei quali si può tutt’al più variare la velocità di impatto, JADA consente di intervenire anche sulla curva accelerometrica. Il robot viene di fatto istruito a replicare un impatto pregresso di cui si conosce la dinamica reale. “Replicare un incidente non è semplice”, ci tiene a sottolineare Valerio Matarrese, “ma le esperienze del passato ci consentono di avere una grande base dati proveniente dai crash test per sviluppare protocolli personalizzati in base alle esigenze del cliente”. Tutto passa da una minimizzazione dell’errore sui tre assi o su uno dei tre (quello ritenuto più importante da un punto di vista della dinamica di crash). Nello specifico, un algoritmo sviluppato ad hoc permette al robot di apprendere le differenze fra il movimento eseguito e quello richiesto e di ripeterlo finché non rientra entro limiti di tolleranza predefiniti. “È un metodo che si basa sulla minimizzazione dell’errore quadratico medio”, chiarisce l’Ing. Luca Slavazza, responsabile della robotica di R4P. “Si porta il robot a seguire una traiettoria partendo da un target, il software misura automaticamente l’errore e lo coregge fino a farlo rientrare in un range prestabilito”.
Interpolazioni al millisecondo
Per ridurre al minimo l’errore, la scatola nera viene alloggiata in un supporto leggerissimo e rigidissimo in alluminio e fibra di carbonio che annulla tutte le vibrazioni potenzialmente in grado di alterare le rilevazioni del segnale. Per lo stesso motivo, il robot è stato circoscritto all’interno di una cella di sostegno dalla massa imponente (circa 1,3 tonnellate).
La programmazione a bordo robot si basa su un sistema Linux con kernel real-time che permette la lettura al decimo di millisecondo del segnale che arriva dall’accelerometro. Ciò garantisce la ricezione di un segnale molto accurato senza perdere le dinamiche ad alta frequenza. Per il resto, tutto è configurabile. Il robot può essere istruito per eseguire una serie di task predefiniti che possono variare per numero di esecuzioni e, come detto, per curve accelerometriche: l’operatore può modificare i picchi, aumentarli, tagliarli, oppure filtrarli.
In queste condizioni di stabilità, il vantaggio del robot Delta Quattro Omron Adept rispetto ad altre soluzione analoghe risiede nella possibilità di lavorare a velocità tali da consentire interpolazioni al millisecondo in grado di replicare variazioni accelerometriche molto spinte e picchi accelerometrici che superano anche i 15G. “Di solito si esegue una traiettoria cartesiana e poi con la cinematica inversa si risale alle posizioni dei giunti per far muovere il robot”, puntualizza l’Ing. Luca Slavazza, responsabile della robotica di R4P. “Con il robot Delta Quattro di Omron, invece, non abbiamo più questa necessità: è sufficiente impostare una traiettoria cartesiana con le sue curve accelerometriche e le sue velocità e trasferirle al robot. Sarà lui stesso a interpolare in modo pressoché istantaneo i punti grazie a una modalità di comando in grado di assimilare una posizione ogni 3 ms”.
Tempi, versatilità, costi: tutti i vantaggi di un metodo non distruttivo
I vantaggi della soluzione sono abbastanza evidenti: si evitano i costi relativi all’acquisto, alle riparazioni e allo smaltimento delle auto impiegate nei crash test tradizionali, si riduce il personale (da tre addetti a un solo operatore), si accorciano i tempi (sia quelli per l’esecuzione dei test sia quelli per ordinare pezzi di ricambio), ma soprattutto si possono scegliere le curve accelerometriche per replicare vari tipi di impatto, e sempre con lo stesso livello di affidabilità. “Se con i metodi tradizionali impiegavamo una giornata intera per effettuare 12 crash test reali, con il robot Delta Quattro di Omron non ci sono limiti: possiamo effettuare 12 test in 45 secondi”, spiega Marco Marello, Direttore Centro Innovazione e Sperimentazione Generali Jeniot, che sottolinea l’importanza crescente assunta da accelerometri, GPS e altri sensori all’interno dell’industria automobilistica.
Un grande contributo al taglio dei tempi e dei costi deriva dall’automazione delle procedure di comparazione: il confronto accelerometrico, un’attività che di norma richiede molto tempo per via del confronto e dell’allineamento fra i segnali registrati sulla scatola nera e quelli registrati dal sensore di riferimento, viene svolto interamente da algoritmi sviluppati all’interno del software di JADA.
“Con queste prerogative siamo nelle condizioni di condurre test di vario tipo in base alla destinazione finale della scatola nera”, conclude Marco Marello: “possiamo limitarci a identificare l’impatto per semplici necessità di soccorso, ad esempio, oppure ricostruire l’entità dell’impatto in modo più accurato, sia a livello di picco accelerometrico, sia per ciò che riguarda direzione e quantità di urti nel caso di crash multipli. Un supporto prezioso per migliorare i servizi offerti dalle compagnie assicurative e ridurre i costi per gli assicurati”.